Storia
Un percorso tra date, eventi, persone che hanno reso l’Abbazia del Goleto quel luogo unico che ammiriamo oggi.
IL COMPLESSO DELLA CITTADELLA
Il complesso della cittadella monastica del Santissimo Salvatore al Goleto sorse a partire dal 1133 ad opera di Guglielmo da Vercelli, che aveva ricevuto il suolo per la nuova badia da Ruggero, signore normanno della vicina Monticchio, località oggi disabitata, situata tra Sant’Angelo dei Lombardi e Rocca San Felice.
Per volontà del fondatore, il vasto fabbricato primitivo era destinato ad ospitare una comunità mista di monache e monaci, dove l’autorità suprema era rappresentata dalla Badessa, mentre ai monaci era affidato il servizio liturgico e la cura della parte amministrativa.
PRIMO RIFACIMENTO DELLA CHIESA
Il complesso ruotava attorno alla chiesa del Santissimo Salvatore (di cui oggi rimangono segni dell’abside), posta al centro e con la facciata volta ad occidente, comprendeva il monastero grande delle monache, a fianco dell’abside, e quello più piccolo dei monaci, davanti alla facciata.
Con ogni probabilità già alla morte del santo fondatore, avvenuta nella notte tra il 24 e il 25 giugno del 1142, fu iniziato un primo rifacimento della chiesa che ne avrebbe ospitato le spoglie.
LE ABBADESSE FEBRONIA, MARINA I E II, AGNESE E SCOLASTICA
Sotto la guida di celebri abbadesse – Febronia, Marina I e II, Agnese e Scolastica – la comunità crebbe e diventò famosa per la santità delle monache e il monastero si arricchì di terreni e di opere d’arte.
Alla loro opera si devono alcuni dei monumenti più significativi del complesso monastico: la torre Febronia, vero capolavoro di arte romanica costruita con numerosi blocchi lapidei provenienti da un mausoleo romano dedicato a Marco Paccio Marcello, prende il nome dalla Badessa che nel 1152 ne dispose la costruzione per la difesa del monastero.
LA CAPPELLA DI SAN LUCA
La Cappella di San Luca fu edificata nel 1255 per accogliere un’insigne reliquia del santo evangelista. È il gioiello dell’abbazia.
Si raggiunge da una scala esterna il cui parapetto termina con un corrimano a forma di serpente con un pomo in bocca. Il portale di accesso è sormontato da un arco a sesto acuto e da un piccolo rosone a sei luci.
Sul fronte dell’arco un’iscrizione ricorda che la chiesa fu fatta costruire da Marina II.
L’interno è costituito da un ambiente a pianta quadrata a due navate, coperte da crociere ogivali.
Dei numerosi affreschi che arricchivano la cappella non restano che due medaglioni, raffiguranti le abbadesse Scolastica e Marina, e qualche episodio della vita di San Guglielmo.
LA PESTE NERA
Per circa due secoli la comunità monastica esercitò una forte influenza in special modo sull’Irpinia, la Puglia e la Basilicata, grazie anche alla predilezione e protezione che la nobiltà normanno-sveva ebbe sempre su di essa.
A partire, però, dal 1348, anno della peste nera, iniziò una lenta e inesorabile decadenza che determinò, il 24 gennaio 1506, la soppressione, ad opera del Papa Giulio II, della comunità monastica che, di fatto, avvenne con la morte dell’ultima abbadessa nel 1515.
Con la fine della comunità femminile goletana, il monastero fu unito a quello di Montevergine, che provvide ad assicurare la presenza di alcuni monaci.
IL RESTAURO COMPLETO DEL MONASTERO E LA COSTRUZIONE DELLA CHIESA GRANDE
Iniziò così una lenta ripresa che culminò, verso la metà del XVIII secolo, a seguito degli ingenti danni subiti dal complesso a causa del terremoto del 29 novembre 1732, con il restauro completo del monastero e la costruzione della chiesa grande, opera di Domenico Antonio Vaccaro.
Nel 1807 il sovrano di Napoli, Giuseppe Bonaparte, soppresse l’Abbazia. Il corpo di San Guglielmo fu traslato a Montevergine e le suppellettili del Goleto furono divise tra i paesi vicini.
IL MONASTERO ABBANDONATO
Dal 1807 al 1973 il monastero restò abbandonato e gli appelli di alcuni per il recupero del venerato monumento risultarono vani.
Così chiunque poté trafugare portali e pietre, i tetti e le mura crollarono, i rovi diventarono padroni incontrastati insieme ad animali di ogni tipo. Solo il casale dei contadini continuò la sua vita secolare.
IL RECUPERO, P. LUCIO MARIA DE MARINO
Nel 1973 si stabilì tra i ruderi dell’abbazia P. Lucio Maria De Marino (1912-1992), un monaco benedettino proveniente da Montevergine, che riportò con tenacia l’attenzione sull’esigenza del recupero materiale e spirituale del Goleto.
Con lui ebbero inizio i primi lavori di restauro che pian piano permisero il recupero funzionale del complesso monastico, restituendolo a nuova vita e allo splendore che oggi tutti possono ammirare.
I PICCOLI FRATELLI DELLA COMUNITÀ JESUS CARITAS
Dal 1990 al luglio 2021 i Piccoli Fratelli della Comunità Jesus Caritas, ispirata a Charles De Foucauld, si sono presi cura dell’animazione spirituale del complesso goletano, che è diventato sempre più punto di riferimento per tutti coloro che sono assetati di assoluto.
L'ABBAZIA OGGI
Dal luglio 2021 una fraternità presbiterale diocesana porta avanti le attività per far sì che il Goleto continui ad essere un luogo di preghiera, di spiritualità e di accoglienza dell’uomo pellegrino alla ricerca, che si ferma per scoprire il senso della vita e la presenza di Dio.